La nostra fattoria didattica per bambini
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Il mio metodo di “allevamento” del maiale Va innanzitutto precisato il fatto che parlare di allevamento per descrivere le attività dedicate al maiale all’interno dell’azienda può essere fuorviante perché, in realtà, non possiedo scrofe e non produco maialini. Mi limito ad acquistare, una volta all’anno, maialini di età inferiore o uguale ai 6/7 mesi, nel numero adatto al consumo familiare, ma senza dimenticare che il maiale è un animale sociale che non vive bene in solitudine, per portarli all’ingrasso con metodi naturali, garantendo loro, per la pur breve esistenza, una qualità di vita atta a soddisfare le esigenze della specie. I miei maiali, dunque, condividono in tre, massimo quattro esemplari di piccola taglia, un recinto di oltre quattrocento metri quadri, così creato tenendo a mente che tutti gli animali hanno bisogno di fare moto e, per questo, sono fortemente motivati a spostarsi; i maiali non fanno eccezione ed ho inteso soddisfare l’esigenza. Ho scelto questo tipo di alloggiamento, in alternativa al box singolo, anche perché questo non è adatto a soddisfare le abitudini sociali dei suini che, allo stato brado, vivono in piccoli gruppi che sono organizzati in modo da nascondersi ai predatori. E’ mia abitudine introdurre i maiali nel recinto in via coeva, traendoli peraltro dallo stesso allevamento, per evitare di accostare maiali estranei fra loro che, sulle prime, sicuramente si azzufferebbero e che potrebbero azzannarsi. Vi è da dire che tali comportamenti, sicuramente assai spinti negli spazi ridotti, sono meno probabili all’interno del mio recinto, sufficientemente vasto da consentire la fuga al maiale aggredito che ha così la possibilità di ricalcare il comportamento tenuto in natura. Il recinto è poi dotato di tutti i “confort”, visto che, in aggiunta all’equipaggiamento di base, d’estate ci si preoccupa di allestire una discreta, ancorché rudimentale, “piscina” per il gradito ed indispensabile bagno di fango che i maiali usualmente prendono per liberarsi dei parassiti esterni, oltre che per rinfrescarsi. Neppure ho dimenticato il fatto che i maiali sono animali estremamente curiosi, che hanno sempre bisogno di trovare il modo di occupare mente e grugno con il quale grufolano in qualunque cosa gli capiti a tiro, forse a causa della loro natura di onnivori, ovvero della spinta comportamentale indotta dal fatto che gli antenati selvatici trascorrevano buona parte del loro tempo alla ricerca di cibo. Per questo motivo, all’interno del recinto, metto continuamente a dimora alcuni alberelli, anche se sistematicamente i miei maiali li distruggono perché scorticano tutta la corteccia alla loro portata; a mia consolazione serbo la convinzione di aver contribuito a soddisfare le esigenze giocose delle mie bestie. Ciò anche perché so che i maiali sottostimolati tendono a mordersi la coda l’un l’altro con episodi di cannibalismo che non sono certamente auspicabili, anche se non sfociano mai in una vera e propria aggressione, ma rappresentano semplicemente una disperata ricerca di qualcosa da esplorare e da masticare. Oltre che curare l’ambiente, provvedo anche affinché i miei maiali non vengano trattati con brutalità in quanto trattasi di animali estremamente eccitabili che, malamente stimolati, sarebbero indotti a spingersi con ostinazione, ovvero a compiere sforzi fisici che riempirebbero i muscoli di acido lattico a scapito della qualità della carne. Il mio metodo di “allevamento” del bovino Come nel caso del maiale, parlare di allevamento per descrivere le attività dedicate al vitello all’interno dell’azienda, può essere fuorviante perché, in realtà, non mi occupo di mucche e vitellini. Mi limito ad acquistare un vitello di età inferiore o uguale ai 6/7 mesi per crescerlo con metodi naturali e garantirgli, come ai maiali, una qualità di vita soddisfacente per la specie cui appartiene. Il recinto che ho realizzato non serve semplicemente a preservare noi dall’animale, ma, piuttosto, a preservare lui da stimoli esterni che potrebbero risultare eccessivi; i bovini, difatti, come gli ovini, anche se non inclini alla paura come il cavallo, temono comunque i predatori. Essi vivono il sistema neurale della paura e non sono mai realmente addomesticati: per questo vanno turbati il meno possibile. Nella mia azienda il vitello viene trattato con gentilezza e non gli si urla mai contro, attività che produce grande paura nella specie: ai bovini piacciono infatti le persone pacate e le situazioni tranquille; per questo, tra l’altro, ho ubicato il recito del vitello a chiusura della porzione dedicata al bestiame: così può restare sufficientemente defilato anche rispetto a visite e curiosità eccessive che finirebbero per invadere il suo “spazio di rispetto” turbandolo inutilmente. La vastità del recinto garantisce anche all’animale la libera scelta rispetto allo stimolo esterno: può decidere se avvicinarsi ad esaminare un oggetto o una persona nuovi, ovvero se allontanarsi da questi, qualora la paura prenda il sopravvento. Come nel caso del maiale, allontanare la paura e lo stress contribuisce in misura preponderante alla buona qualità delle carni per essere perfettamente conservate le qualità organolettiche originarie, non compromesse da comportamenti inadatti. |