Broccolo romanesco

Broccolo romanesco  

 

 

Tanto assomiglia ad un cavolfiore, da essere anche noto con il nome di cavolo broccolo romanesco, o, per brevità, solo cavolo romanesco; si differenzia dal suo parente stretto (entrambi appartengono alla specie Brassica oleracea) per la particolare forma piramidale composta da cimette disposte con regolarità a creare un disegno perfetto ed affascinante; ogni rosetta, difatti, è a sua volta formata da rosette più piccole: il tutto a rendere il broccolo romanesco simile ad un frattale. Di colore verde chiaro brillante, è prodotto tipico dell’orto invernale ed ha un gusto dolce e delicato che ci è sembrato squisito nella conservazione sott’olio extra vergine di oliva, rallegrata dal sapore più sferzante del filetto di alice salata.  

 

Broccolo spigarello

Broccolo spigarello  

 

 

Il broccolo è un ortaggio della famiglia delle Crucifere molto popolare e già apprezzato da Etruschi e Romani; ne esistono diversi tipi principalmente distinti fra le varietà a testa, che ricordano da vicino il cavolfiore (come i broccoli baresi) e ramoso cui appartiene il broccolo spigarello, conosciuto anche come broccolo nero forse a causa della tonalità di verde, scurissima, che caratterizza questa pianta. Prodotto dell’orto invernale, è una varietà tardiva tipica della Campania, disponibile sia con foglie lisce, sia con foglie ricce che, insieme ai broccoli (infiorescenze ancora immature), rappresentano la parte edibile della pianta. Proprio questi ultimi, raccolti con le foglioline più tenere che li circondano, ci sono sembrati ottimi nella versione sott’olio extra vergine di oliva.  

 

Cavoletti di Bruxelles

Cavoletti di Bruxelles  

 

 

Della stessa famiglia dei cavoli (Brassica oleracea), a differenza degli stessi, fiori della pianta, sono germogli commestibili di una varietà gemmifera, normalmente di colore verde salvia; la pianta, che raggiunge anche 1 di altezza, produce germogli di forma globulare costituiti da foglioline embricate, appunto i cavoletti, che crescono alla base delle foglie principali e sono numerosi (talvolta anche 40) e con diametro che può raggiungere anche i 3 centimetri. Prodotto dell’orto invernale, si giovano del clima rigido, ma sono ingiustamente poco noti e coltivati in Italia, restando tipici del nord Europa (a partire dalla zona di origine, limitrofa alla città di Bruxelles da cui prendono il nome). A noi il sapore particolarmente delicato di questo ortaggio è sembrato esaltato dalla conservazione sott’olio.  

 

Cavolfiore nero

Cavolfiore nero  

 

 

Come molti altri prodotti dell’orto invernale, il cavolfiore è una varietà di brassica oleracea caratterizzato da un’infiorescenza, detta testa o palla, che rappresenta la parte edibile della pianta ed è costituita da numerosi peduncoli, molto ingrossati e stretti fra loro. Mentre le foglie della pianta di cavolfiore, in tutte le varietà, si presentano di colore verde, più, o meno scuro, l’infiorescenza può assumere diverse colorazioni: bianca, paglierina, verde e violetta. Proprio quest’ultimo colore, nella sua sfumatura più scura, è caratteristico del cavolfiore cosiddetto nero o Sora; da non confondersi con il violetto di Sicilia che ha un colore più chiaro e sgargiante. Nella trasformazione in sott’olio questo cavolfiore scarica gran parte della tinta iniziale, non il suo sapore delicato, però, che serba integro ed esalta e che lo distingue dal più noto “parente” bianco, di gusto assai più forte e deciso.  

 

Cavolo cappuccio

Cavolo cappuccio cuore di bue (varietà precoce)  

 

Molto simile al cavolo verza (entrambi sono sottospecie di Brassica oleracea), a differenza di questo presenta foglie esterne, di colore variabile fra il verde ed il rosso, levigate e concave a serrare le foglie interne più giovani in modo da formare una palla compatta detta “testa” o, appunto, “cappuccio”. Noto in botanica con il nome di “capitata”, ne esistono diverse varietà tanto che, come il suo parente stretto, può essere coltivato tutto l’anno all’aperto, presentando varietà primaverili, definite anche precoci, estivo – autunnali ed invernali, definite anche tardive; caratteristica della sottospecie è la buona resistenza al freddo che la rende adatta ad arricchire l’orto anche quando, in presenza di basse temperature, la maggior parte di verdure e frutti scarseggia. A noi è sembrato adatto alla conservazione sott’olio come il cavolo verza dal quale si distingue per il sapore più delicato.  

 

Cavolo nero toscano

Cavolo nero toscano  

 

 

Chiamato anche cavolo palmizio o cavolo a penna, appartiene alla stessa famiglia dei cavolfiori (Brassica oleracea), ma, a differenza di questi, alla varietà “acephala”, cioè senza testa; tipico della cucina toscana ed a torto poco conosciuto nelle altre regioni d’Italia, questo gustoso ortaggio ha lunghe foglie bollose di colore verde intenso, con riflessi quasi blu, e costola centrale verde chiaro, piuttosto legnosa nelle foglie esterne di grandi dimensioni. Prodotto dell’orto invernale, è un tipo primitivo di cavolo molto resistente al freddo tanto che le sue foglie si giovano di leggere gelate che le rendono più gustose; tipico ingrediente della “Ribollita” toscana (minestra a base di verdure, fagioli e pane raffermo), a noi è sembrato non sfigurare preparato sott’olio extra vergine di oliva, per di più, rigorosamente campano.  

 

Cavolo verza

Cavolo Verza  

 

Il cavolo verza o, più comunemente verza, è un ortaggio molto conosciuto e coltivato in varie zone d’Italia, soprattutto nel settentrione, tanto essere conosciuto anche come “cavolo di Milano”, “cavolo lombardo” o “cavolo di Savoia”. Molto simile al cavolo cappuccio, a differenza di questo presenta foglie grinzose di colore variabile fra il verde, più o meno intenso, ed il rosso. In zone a clima mite può essere coltivato tutto l’anno, presentando varietà adatte all’orto estivo ed altre all’orto invernale. Nella cucina italiana è utilizzato principalmente per la preparazione di zuppe e minestre, ovvero di contorni spesso in abbinamento alle carni di maiale; la nota “cassoeula” milanese è un piatto propria a base di verza e varie parti di maiale. A noi è sembrato ottimo anche conservato sott’olio. 

Confettura extra

Confettura extra  

Comunemente la “confettura” è la crema ottenuta dalla cottura di zucchero e frutta a pezzetti, la “marmellata”, invece, è specificamente preparata con pezzi di agrumi. Per la legge italiana la percentuale di frutta adoperata deve essere almeno il 20%; nella confettura extra essa deve raggiungere almeno il 45%. Nelle nostre questa percentuale è pari al 60% per le preparazioni a base di frutta più aspra (come le amarene), ed anche al 75/80% quando si usa frutta molto dolce (come fichi ed uva). Non usiamo pectina artificiale per l’addensamento, limitandoci ad aggiungere alle confetture a base di frutta molto acquosa (pere e prugne), piccole quantità di mele che contengono un’elevata percentuale di pectina naturale. La nostra scelta riduce drasticamente le quantità finali ottenute, perché le nostre confetture cuociono per ore, mentre l’aggiunta di pectina ridurrebbe questo tempo in minuti. Non fa niente, a noi piace così e ci conforta e sprona sapere che, oltre che naturali, i nostri prodotti, proprio per l’assenza di pectina, possono soddisfare la golosità di soggetti affetti da alcune allergie e/o intolleranze alimentari che rendono impossibile il consumo di preparazioni ottenute con metodi più sbrigativi.  

Friariélli

Friariélli  

 

Conosciuti in altre zone d’Italia con i nomi di broccoletti, broccoli di rapa, rapini, i friariélli sono le infiorescenze della cima di rapa (pianta orticola normalmente coltivata per la produzione delle radici).

Annoverati fra i prodotti agroalimentari tradizionali della Campania, hanno un particolare sapore, leggermente amarognolo, che li vede, saltati in padella con aglio, olio e peperoncino piccante, ottimo accompagnamento delle salsicce o di altre carni di maiale. Sono prodotto tipico dei campi invernali campani (il gelo ne addolcisce le note) e non vanno confusi con i “puparulille friariélli” e, cioè, con i peperoncini verdi nani e dolci, prodotti dell’orto estivo, che vari dialetti basati sulla lingua napoletana identificano con il medesimo nome (“friggitelli” nel Lazio).

Accompagnati dagli inseparabili aglio e peperoncino piccante, ci sembrano molto interessanti anche conservati sott’olio.  

Papaccella napoletana

Papaccella napoletana  

 

Riconosciuta quale prodotto agroalimentare tradizionale della Regione Campania, la papaccella napoletana è un particolare tipo di peperone dalla forma tondeggiante e dalla polpa piuttosto spessa; come tutti i peperoni è frutto tipico dell’orto estivo e ne esistono diversi tipi di sapore che varia dal dolce al semipiccante. La varietà proposta nella ricetta è di quest’ultimo tipo, definita anche “papecchia” in agro del medio casertano; il forte della materia prima è però mitigato dalla tecnica di trasformazione che prevede, innanzitutto, l’asportazione, insieme al picciolo, di tutti i semini che sono la parte più forte dell’intero ortaggio.

Turzelle

Turzelle  

 

 

La turzella, o “torzella” o “torza riccia”, è uno dei più antichi tipi di cavolo del bacino del Mediterraneo, tanto da meritare la denominazione di “cavolo greco”; nell’ultima porzione del secolo scorso quasi scomparso dalle usuali colture orticole, è stato poi per fortuna recuperato e, dal 2006, rientra tra i prodotti tradizionali della Campania. La parte edibile è costituita dalle foglie carnose e ricce, di un bel colore verde brillante, e dai germogli che possono essere consumati crudi o cotti; è ingrediente immancabile della minestra maritata della tradizione natalizia napoletana (si narra che la ricetta più completa comprenda ben 7 verdure: insieme alla nostra, bietole, borragine, broccoli, cicorie, “scarulelle” e verze). A noi proporla in versione sott’olio extra vergine d’oliva è sembrata un’occasione ottima per diffonderne la conoscenza e favorirne un meritato trionfale ritorno negli orti italiani.  

 

Zucca lunga di Napoli

Zucca lunga di Napoli  

La zucca presenta molte varietà, assai diverse fra loro per forma, dimensioni e seme; fra quelle d’uso alimentare, assai diffuse sono la Cucurbita maxima (che raggruppa zucche a turbante o ovoidali, comprese specie ornamentali), la Cucurbita moscata (che raggruppa le zucche claviformi) e la Cucurbita pepo (o zucchina comune). La zucca lunga di Napoli appartiene alla specie Cucurbita moscata e ne esplica al meglio le peculiarità: ha un frutto allungato e cilindrico, appena ricurvo, con estremità leggermente ingrossata.

Generalmente presenta buccia verde scuro, striata di giallo, talvolta buccia arancione; la polpa è giallo - arancio e dolce. Frutto tipico dell’orto estivo, in condizioni naturali si raccoglie all’inizio dell’autunno e si conserva anche per 3 o 4 mesi. La zucca è un ortaggio che si presta a numerosissime ricette, dolci e salate; a noi è piaciuta molto nel risotto.  

Zucca Violina

Zucca violina  

 

Fra le zucche di varietà Cucurbita moscata (che raggruppa quelle claviformi fra cui la lunga di Napoli), merita menzione anche questa zucca, la Butternut, meglio nota con il nome di Violina per la forma del frutto che assomiglia alla custodia di un violino. Frutto tipico dell’orto estivo, in climi miti si raccoglie anche a ad autunno inoltrato; in condizioni naturali si conserva anche per 4 o 5 mesi.

La zucca Violina presenta buccia chiara, di colore giallo – arancio, e, a differenza della parente stretta “Noce di Burro”, rugosa; la polpa è soda e di gradevolissimo sapore. Anche se, proprio per queste peculiarità della polpa che la distinguono dalle altre zucche, assai più tenere ed acquose, la sua vocazione principe è divenire ripieno per tortelli, non ci pare che sfiguri nella preparazione di un buon risotto. 

 

 

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